FESTE E FOLCLORE   ●   NARO

I festeggiamenti in onore di San Calogero, protettore di Naro

© Testo e foto di Vincenzo ANSELMO

Nel ricco calendario delle feste che il popolo siciliano organizza per venerare i loro santi tutelari, un posto di rilievo occupano i festeggiamenti in onore di San Calogero, uomo dotato, secondo la tradizione popolare, di poteri taumaturgici.
Fazzoletti vengono strofinati sul volto di San Calogero eremita, patrono di Naro. Poche, e spesso contraddittorie, le notizie giunteci sulla sua vita. Secondo la tradizione più consolidata nacque nel V sec. d.C. a Calcedonia, nell’odierna Turchia, e visse in Sicilia, stabilendosi prima in una grotta nei pressi di Lilibeo, l'odierna Marsala, e poi in un'altra grotta sul monte Cronio, nei pressi di Sciacca, predicando la parola di Gesù e operando numerose guarigioni miracolose. Per il resto, attorno alla sua figura ruota un alone di mistero che è forse all'origine delle diverse leggende che si sono diffuse sulla sua vita e che lo vogliono nato o vissuto quasi in tanti luoghi quanto sono le città che a lui sono devote. Spesso si ha l'impressione che ci si trovi di fronte a più uomini di Dio personificati in un solo San Calogero, caso, peraltro, non improbabile se si pensa che “calogeri” venivano chiamati i monaci bizantini che sceglievano di condurre una vita da eremita, di certo non pochi, in quel periodo, in tutta la Sicilia.
Ex-voto di pani offerti a San Caologero. Un solo uomo o più di uno, vissuti magari contemporaneamente in più parti della Sicilia operando guarigioni miracolose, per il popolo è solo San Calogero e lo festeggia in più centri, soprattutto dell'agrigentino dove il culto è particolarmente sentito ad Aragona, Sciacca, Porto Empedocle, Agrigento e Naro. In quest'ultima cittadina, tra le più interessanti della Sicilia per i numerosi beni architettonici e artistici che conserva, San Calogero, il santo dalla pelle nera, viene festeggiato solennemente da quasi quattro secoli, da quando cioè nella cittadina imperversava la peste, male terribile che non lasciava trascorrere giorno senza mietere vittime. Era l'anno 1626 ed il popolo, stremato dai continui lutti, non sapeva più a che santo votarsi finché, una notte, non apparve, in sogno, a suor Serafina Pulcella Lucchesi, San Calogero che le annunciava la fine del male. A seguito di quell’apparizione la statua di San Calogero venne portata in processione ed in effetti presto il male scomparve dalla città. In quello stesso anno, in segno di ringraziamento, il popolo elesse il Santo a patrono della cittadina e diede inizio a ricche celebrazioni in suo onore.



Oggi i festeggiamenti si aprono a metà giugno nel Santuario eretto inglobando la grotta dove, secondo la leggenda, visse San Calogero. Nel tardo pomeriggio del sedici la statua del Santo, interessante opera realizzata da Francesco Frazzeta nel 1566, viene prelevata dalla cripta, dove normalmente è custodita, e trasferita nell'altare principale. Il diciotto giugno, poi, si assiste ai momenti più intensi, ed in qualche caso anche commoventi, dei festeggiamenti.
Devoti partecipano alla processione di San Calogero a piedi scalzi. Sin dalle prime ore del giorno il Santuario diviene meta di migliaia di pellegrini, a volte provenienti anche dai paesi limitrofi. Diversi, in segno di ringraziamento per grazia ricevuta, portano dei speciali ex-voto: grandi pani realizzati in modo da riprodurre la figura di un bambino o qualche parte del corpo come un braccio, una mano, una gamba, a seconda del voto fatto. I pani, una volta benedetti, vengono divisi a metà: una parte viene portata via dal devoto, che poi provvede a distribuire a parenti ed amici; l’altra viene spezzettata e distribuita a tutti i presenti che si contendono ogni porzione a spintoni perché mangiare un pezzo del pane benedetto significa assicurarsi la protezione divina per tutto l'anno a venire. La grande quantità di pane distribuita al popolo è vista come una forma di ostentazione del cibo, una forma augurale di benessere e di abbondanza.
Con questo ritmo, tra una spinta e l'altra per riuscire a conquistare una postazione migliore, e quindi far benedire il proprio pane, o prenderne un pezzetto già benedetto, si procede per tutta la mattinata.
Devoti tirano la corda per trainare la straula con la statua di San Calogero. Alle undici, alla fine della Messa celebrata all'interno di un Santuario gremito di devoti, tra continui Viva Diu e San Calò, Viva Diu e San Calò, urlati da tutti i presenti, la statua di San Calogero viene portata fuori dal luogo sacro e sistemata su una straula, un particolare carro senza ruote del tutto simile a quelli che in passato si usavano nei campi per il trasporto delle messi. Tutt'intorno alla statua di San Calogero si affollano numerosi devoti che cercano di toccare e baciare il simulacro, ricevere immaginette sacre, consegnare agli uomini sulla straula fazzoletti che poi, una volta strofinati sulla statua, riprendono per conservarli con cura in quanto la tradizione vuole che con questo rito acquisiscano poteri apotropaici e che quindi preservino i possessori da ogni male.
La straula viene trainata lungo il percorso processionale mediante due lunghe corde, ai lati delle quali cercano di trovare posto, a stento visto che sono in tanti, uomini, donne, bambini e anziani, molti dei quali con una maglietta bianca riproducente l'immagine di San Calogero. Diversi, per sciogliere un voto fatto al Santo, effettuano il percorso processionale a piedi scalzi. Per questi la sofferenza è tanta, considerato che l'asfalto e la pietra lavica che pavimentano la via attraversata dalla processione, sotto gli infuocati raggi del sole diventano roventi. C’è chi prova ad attenuare la sofferenza bagnando i piedi di frequente.
San Calogero entra in Chiesa Madre. Una volta avviata la processione si dirige, attraverso una strada in massima parte in leggera salita, verso la vicina Chiesa Madre. Durante il percorso sono continue le formule di acclamazione indirizzate al Santo, così come diverse sono le soste di preghiera, ben accette dai devoti anche perché consentono, in qualche modo, di riprendersi dalle fatiche. Elevato è infatti lo sforzo che bisogna sostenere durante la processione, non tanto per il peso della straula e della statua di San Calogero, notevole ma distribuito tra tanti, piuttosto per il fatto di doverli trasportare in condizioni difficili: nelle ore più caldi del giorno, sotto un solo che generalmente picchia forte, uno attaccato all'altro e tra spintoni vari che costringono ad un precario equilibrio.
Nonostante la breve distanza che separa i due luoghi di culto, la processione giunge nella Chiesa Madre, dove viene celebrata una messa, intorno alle dodici. Qui la statua di San Calogero viene lasciata sino al tardo pomeriggio quando, con un'altra processione, meno animata, viene accompagnata nella Chiesa di San Francesco da dove, nel pomeriggio dell'indomani, viene riportata nel Santuario.

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Maggio 2001 - ultima revisione giugno 2009





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