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L’Abies nebrodensis, una rarità botanica a Polizzi Generosa

© Testo e foto di Vincenzo ANSELMO

Nell’immaginario collettivo una fitta abetaia richiama in mente ambienti nordici; eppure questa forma di vegetazione, in tempi poi non molto remoti, doveva essere diffusa anche sui monti della Sicilia, almeno lì dove più a lungo persisteva il manto nevoso e dunque temperature fredde. A testimonianza di queste distese oggi sopravvivono sporadici esemplari di un abete dal notevole valore botanico noto con il nome scientifico di Abies nebrodensis.
Vallone Madonna degli Angeli con esemplare di abete delle Madonie o dei Nebrodi L’abete dei Nebrodi per molti anni è stato ritenuto una specie originatasi dall’abete bianco, in seguito al lungo isolamento in cui si sarebbe venuta a trovare la popolazione originale durante le fasi interglaciali. Oggi invece viene considerato una specie a sé presente in Sicilia sin dal Terziario, ancor prima dell’arrivo dell’abete bianco che si fa risalire all’ultima glaciazione. Abete delle Madonie o dei Nebrodi Ad avvalorare tale ipotesi il ritrovamento sulle Madonie nord-orientali di una stazione “fossile” attraverso cui si è potuto accertare che 9.000 anni fa i due abeti erano entrambi presenti.
La denominazione non deve indurre in errore riguardo la sua localizzazione. I pochi esemplari naturali esistenti, unici al mondo, non crescono sui Nebrodi ma sulle contigue Madonie. L’equivoco deriva dal fatto che in passato il gruppo montuoso delle Madonie veniva identificato con il toponimo di Nebrodi. Per evitare confusioni sarebbe più giusto, quindi, così come sempre più spesso avviene, chiamarlo abete delle Madonie.
I circa 30 esemplari adulti si trovano tutti ad un’altezza compresa tra i 1400 e i 1650 metri sul versante settentrionale di Monte Scalone, noto anche come Manca i Pini, a ridosso del Vallone Madonna degli Angeli, nel comune di Polizzi Generosa. A questi vanno aggiunti anche quattro annosi esemplari coltivati: uno si trova nella Villa Casale, accanto ai ruderi del castello di Polizzi Generosa, ed altri tre, innestati su abete bianco agli inizi del Novecento, nella Villa Lanza, nei pressi di Gibilmanna.
Da studi paleobotanici è emerso che in passato l’abete veniva massicciamente utilizzato per la produzione di travi, poi impiegati per realizzare le coperture di palazzi e chiese dei centri madoniti.
Per raggiungere l’area di indigenato, in piena zona “A” del Parco delle Madonie, bisogna prendere la SP 119 che da Polizzi sale verso Piano Battaglia e seguirla sino al km 8.3 da dove si diparte una strada sterrata chiusa al transito degli autoveicoli da un cancello. Particolare dei rametti dell'abete dei Nebrodi Procedendo lungo il tracciato, inizialmente immersi in una pineta e poi in un’area aperta che dispiega alla vista ampi e spettacolari paesaggi sulle incantevoli Serre della Quacella e non solo, si raggiunge, sulla destra, uno stretto sentiero che in poche centinaia di metri conduce nel Vallone Madonna degli Angeli per poi arrampicarsi lungo le pendici settentrionali di Monte Scalone, dove si incontrano, in successione, alcuni esemplari. Altri, invece, possono essere raggiunti grazie ad una serie di diramazioni che si dipartono dal sentiero principale (Madonie a piedi. 25 itinerari nelle “Alpi di Sicilia”).
L’abete, dal colore verde scuro, ha un portamento campaniforme e può raggiungere i 10-15 metri di altezza. La corteccia del tronco è di colore bianco-grigiastra mentre i rami sono di colore brunastro o, in quelli più giovani, rossastro. Particolare la disposizione dei rametti: da ciascuno dei principali se ne dipartono due laterali e così sempre di seguito come a formare tante piccole croci. Abete dei Nebrodi con gli strobili Da qui il nome dialettale di arvulu cruci cruci che viene utilizzato popolarmente. Le foglie, aghiformi, appiattite, presentano una scanalatura lungo la nervatura centrale e due linee longitudinali bianche nella pagina inferiore; esse sono ugualmente distribuite ai lati e nella parte superiore dei rami.
Gli strobili, eretti, lunghi fino a 20 cm, raggiungono la maturità in autunno quando si disfanno lasciando disperdere i semi dalle brattee.
Per molti anni l’abete delle Madonie è stato ritenuto sterile e quindi destinato all’estinzione. Negli ultimi decenni, fortunatamente, alcuni esemplari hanno iniziato a produrre strobili con semi fertili grazie a cui l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana ha potuto intraprendere un’opera di ripopolamento, in piccole aree sperimentali, che lascia ben sperare per la sopravvivenza di questa specie vegetale.
Nonostante tutto la pianta continua ad essere a rischio di estinzione e non a caso l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) l’ha inserita nella lista delle specie botaniche dell’area mediterranea maggiormente minacciate.
Nel dicembre 2018, a seguito di una votazione coordinata dal professore Lorenzo Peruzzi, docente di botanica presso l’Università degli Studi di Pisa, l’abete delle Madonie è stato scelto quale pianta simbolo della Sicilia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ottobre 2004 - ultima revisione gennaio 2019


LETTURE CONSIGLIATE:
  • AA.VV., Il Parco delle Madonie, Edizioni Arbor, Palermo, 1993.
  • ANSELMO Vincenzo, Madonie a piedi, Youcanprint, Tricase (LE), 2016.
  • RAIMONDO Francesco M., SCHICCHI Rosario (a cura di), Rendiconto sul progetto LIFE Natura “Conservazione in situ ed ex situ di Abies nebrodensis (Lojac.) Mattei”, Ente Parco delle Madonie, Petralia Sottana, 2005.





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