FESTE E FOLCLORE   ●   PALAZZOLO ACRÈIDE

Luci, colori, suoni e devozione popolare per la festa di San Paolo a Palazzolo Acreide

© Testo e foto di Vincenzo ANSELMO

Fazzoletti vengono strofinati sul volto di San Calogero eremita, patrono di Naro. Il culto di San Paolo a Palazzolo Acreide è molto antico, probabilmente anteriore di diversi secoli alla stessa elezione del santo a patrono della cittadina, avvenuta nel 1690, al posto della Madonna di Odigitria.
L'elezione di San Paolo a patrono della cittadina non avvenne senza provocare malumori in una parte dei palazzolesi. Essa infatti scatenò una profonda rivalità tra i Sampaulisi e i Sammastianisi, rispettivamente devoti a San Paolo e alla Madonna di Odigitria, rivalità che si protrasse per più secoli e che si accentuò verso la metà del XIX secolo quando la chiesa di San Sebastiano, dove si venerava la Madonna di Odigitria, e attorno a cui si raccoglieva la popolazione dell'omonimo quartiere, venne elevata a parrocchia. Ancora oggi, anche se solo timidamente, una certa rivalità, tra le due opposte fazioni, riemerge in occasione dei festeggiamenti di San Sebastiano (10 agosto) e di San Paolo.
Nel corso dei secoli la festa ha subito qualche variazioni, anche se nei tratti essenziali è rimasta uguale al passato. Da più di un secolo è scomparso quel triste atto penitenziale della lingua a trasciniùni, comune a molte feste dell'Italia meridionale, consistente nello strisciare la lingua a terra dall'ingresso del luogo sacro sin sotto l'altare maggiore, mentre dalla metà del Novecento è stato proibito l'uso di portare in chiesa muli, cavalli, pecore, capre, mucche e vitelli, animali che, con un nastro rosso legato attorno al collo e una immaginetta di San Paolo sulla fronte, venivano portati in giro per le vie della cittadina e poi fin dentro la chiesa dove venivano fatti inginocchiare, a forza di spintoni ed altro, davanti alla statua di San Paolo per essere benedetti.
Fazzoletti vengono strofinati sul volto di San Calogero eremita, patrono di Naro. Scomparsi sono pure i ciarauli, uomini a cui il popolo attribuiva poteri soprannaturali, in quanto ritenuti capaci di proteggere dai morsi dei rettili e, proprio per questa virtù, considerati discendenti diretti di San Paolo che fu, a detta del popolo, u primu ciaraulu. Questi uomini partecipavano ai festeggiamenti portando delle bisce in mano, sulle spalle o attorcigliate al collo. Il Pitrè, nella sua opera sulle Feste Patronali in Sicilia, racconta che «donne d'ogni età, ragazze e spose, le quali fuggirebbero solo a scorgerne uno in campagna, se li lasciano senz'altro appressare, deporre placidamente nel grembiule e li guardano impassibili e certune anche li palpano, tanto può non so se la virtù della devozione, o la forza dell'esempio degli altri, o la suggestione di tutto ciò che circonda!» e poi ancora che, entrati in chiesa alla fine della processione, «bisce e scorzoni, lasciati liberi per terra, strisciano, sguisciano piegandosi, slungandosi, avvolgendosi così tra loro che vengono i brividi al solo pensarci». Non presenti più questi uomini rimangono ben vive, tra il popolo, certe credenze secondo cui per proteggersi dai morsi bisogna invocare San Paolo.



Oggi i festeggiamenti si aprono il 27 giugno con a sirata a villa per proseguire nel tardo pomeriggio del giorno dopo con il giro della banda musicale per le vie della cittadina. Più tardi, nella chiesa di San Paolo, si prosegue con a sciùta ra cammira, una cerimonia nel corso della quale la statua lignea di San Paolo, opera dello scultore ragusano Vincenzo Lorefice, rimasta coperta da un manto fin dal mese di gennaio, tra un immenso scampanio, il fragore provocato dallo sparo di numerose “bombe” e i continui Viva San Paulu... viva San Paulu... e cchi ssiemu tutti muti... viva lu gran patronu, urlato dalle centinaia e centinaia di devoti che si accalcano nella chiesa, appare al popolo.
Fazzoletti vengono strofinati sul volto di San Calogero eremita, patrono di Naro. Durante questa cerimonia il frastuono provocato dalle urla, dai botti e dalle campane suonate a festa è notevole; impedisce di sentire ogni cosa ma non, a tanti devoti, di pregare e instaurare dei dialogo, anche ad alta voce, con il santo, per chiedere delle grazie.
Questi sono attimi emozionanti, intensi, ma è il giorno dopo che si raggiungono i momenti più spettacolari e suggestivi di tutti i festeggiamenti. Si inizia intorno alle 9:00 con il giro, per le vie della cittadina, della banda musicale e du carruozzu rò pani: un particolare carro spinto a mano su cui vengono raccolti i numerosi cudduri - grandi pani a forma di ciambelle con sopra raffigurati dei serpenti - offerti dai devoti e venduti, una volta portati in chiesa e benedetti, ai migliori offerenti.
Nel corso della mattinata è un continuo pellegrinaggio di fedeli che si recano in chiesa per partecipare alle varie funzioni religiose. Tra questi numerosi devoti che hanno fatto il voto della spadda nura, cioè di portare a spalla scoperta la pesante "vara" con il santo e che, per evitare di rimanere esclusi dal trasporto del simulacro, visto che sono tantissimi i contendenti, si prenotano il posto legando un fazzoletto sulle "baiarde" della "vara".
Sempre nel corso della mattinata nella raccolta piazzetta antistante la chiesa si raccolgono centinaia e centinaia di fedeli e turisti che attendono il momento più spettacolare della festa: a sciùta (l'uscita) della reliquia e del simulacro di San Paolo dalla chiesa. Alla fine della messa la statua di San Paolo viene prelevata dall'altare maggiore, sistemata sulla "vara" e, alle 13:00 in punto, portata fuori insieme alle sue reliquie, tra il suono interminabile delle campane, le marce intonate dalle bande, le urla dei portatori e dei devoti, lo sparo delle “bombe” e il lancio di migliaia e migliaia di volantini, con la scritta "viva San Paolo", e di nzareddi, lunghe strisce di carta colorata.
Fazzoletti vengono strofinati sul volto di San Calogero eremita, patrono di Naro. In questi attimi l'imponente e scenografica facciata barocca della chiesa, già dalla mattinata interamente ricoperta, tra cornicioni e balaustre, da centinaia e centinaia di cannoncini per lo sparo di nzareddi, sembra "svanire" nel nulla, "risucchiata" dalle continue esplosioni, dalle lingue di fuoco, da un'immensa nuvola di fumo, dalle migliaia e migliaia di nzareddi che lanciati in aria, attorcigliandosi su se stessi, a mo' di serpenti, cadono sulla "vara", sui portatori, sui numerosi fedeli. Forte è l'emozione degli astanti, spesso sbigottiti davanti a tanto eccesso, fumo, suoni, urla, botti e nzareddi che piovono dall'alto.
Dopo un lungo fuoco d'artificio la reliquia e la statua di San Paolo, preceduti da diverse stendardi rossi e blu e seguite da numerose donne a piedi scalzi, che hanno fatto il voto du viagghiu scausu, vengono condotte, facendosi largo tra la folla, lungo alcune vie della parte più antica della cittadina. La processione si caratterizza per le numerose offerte in denaro, effettuate dai devoti e appese su appositi nastri, nonché per la presenza di numerosi bambini che, completamente nudi, vengono affidati dai propri genitori a dei giovani che si trovano sulla "vara" e da questi alzati verso il cielo e verso San Paolo mentre, insieme a tutti coloro che si trovano attorno, urlano Viva San Paulu... e cchi ssiemu tutti muti... viva San Paulu patronu, atto attraverso cui i bambini vengono consacrati a San Paolo.
Fazzoletti vengono strofinati sul volto di San Calogero eremita, patrono di Naro. La processione procede in questo modo sino a raggiungere la chiesa Madre dove reliquia e statua vengono lasciate sino a sera quando, con una nuova processione, vengono condotti lungo le vie principali dell'intera cittadina per poi essere riaccompagnati, in tarda serata, nella chiesa di San Paolo dove, dopo un lungo e spettacolare fuoco d'artificio, si pone fine ai festeggiamenti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Giugno 1999 - ultima revisione giugno 2004


BIBLIOGRAFIA:
  • ANSELMO Vincenzo, La festa di San Paolo a Palazzolo Acreide, in «Sikania», anno XV, n. 6, Edizioni Krea, Palermo, 1999.
  • GRIMALDI Tonino, San Paolo Patrono di Palazzolo Acreide, Basilica di San Paolo Apostolo, Palazzolo Acreide (SR), 1990.





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Finita la festa, o meglio prima che essa inizi, ci si può dedicare alla scoperta del centro storico di Palazzolo Acreide, interessante borgo animato da pregevoli architetture barocche, prime fra tutte i due monumenti dichiarati Patrimonio dell’Umanità e cioè la chiesa di San Paolo e la Chiesa di San Sebastiano. A questi si aggiungono diverse altre chiese e palazzi, tra cui palazzo Judica-Cafici, dalla facciata ornata da una balconata sorretta da numerose mensole raffiguranti maschere buffe. Da non tralasciare una visita la museo etno-antropologico, allestito con la ricca collezione di reperti raccolti da Antonino Uccello. Molto interessante anche l’area archeologica sita nei pressi del centro abitato.
Per saperne di più: Palazzolo Acreide, la perla dei monti Iblei.




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